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Sito dedicato alla vita e alle opere di Don Aurelio Stefanelli nella Parrocchia di Castelleone di Suasa

Ricordo di Mons. Umberto Gasparini 

Attuale Parroco di Ostra (AN)

Ricordo don Aurelio, fin dal Seminario, dal 1950. Ero piccolo ma ho ricordi molto precisi sulla vita del seminario. Dai superiori non era stato mai molto valorizzato, tanto che l’incarico di maggiore responsabilità fu quello di vice prefetto e di sacrista minore. A mio avviso aveva un temperamento molto timido e introverso, poco portato a comunicare, salvo poi a “scatenarsi”, a tratti, in giochi e scherzi a ricreazione (dove a volte sembrava raggiungere la spensieratezza).
Era estremamente irritabile, anche se cercava di moderarsi. La timidezza lo ha portato a porsi sempre in posizione defilata, a rifiutare mansioni di responsabilità pastorale, e i Superiori non hanno mai cercato di “forzarlo”. Quando, subito dopo aver dichiarato al Vescovo la mia disponibilità ad essere mandato come Pievano a Castelleone di Suasa, mi recai a dirgli “Io ho dato la mia disponibilità; però, se tu hai intenzione di essere Pievano-Parroco, dimmelo serenamente, perché io sono disposto a tirarmi indietro”. Lui rispose: “Tu vai pure avanti, perché io non ho intenzione di fare il Parroco”. Forse, dopo, si è pentito, ma non lo diede mai a vedere.
Questo temperamento lo ha portato a non coltivare neanche i rapporti familiari e parentali. Quasi mai è andato far visita al fratello ammalato in ospedale. Ad Ostra lo conoscono solo coloro che sono andati a scuola con lui e mi dicono che anche da bambino e ragazzo era piuttosto isolato.
Possedeva una buona intelligenza e una spiccata capacità di sintesi. A scuola riusciva abbastanza bene perché si applicava molto, pur non possedendo facilità espositiva. A volte palesava sensibilità e comprensione, ma il più delle volte teneva tutto dentro e questo, penso gli provocasse molta sofferenza, che comunque non manifestava.
Era uomo di preghiera personale e solitaria, ma non era portato per la preghiera con i fedeli.
Forse (è un mio pensiero) si sarebbe realizzato più compiutamente in una esperienza monastica, dove c’è la possibilità di silenzio, isolamento e si possono valorizzare le doti e coltivare le capacità personali senza dover avere contatto con il pubblico.
L’ho visto acquistare libri, che leggeva e assimilava. Aveva delle spiccate potenzialità naturali, che ha coltivato privatamente: era portato per il disegno e la pittura: in seminario illustrava i “Giornalini di camerata” e da sacerdote dipingeva per presepi, e chiese ma anche per ditte di mobili (per le quali eseguiva quadri da porre sopra i letti o da incastonare nelle “spalliere”. Per me ha eseguito un “giglio spezzato” che ho riprodotto sulla lapide funeraria e nel ricordino per la morte di mia sorella Idalba. 

MobirDon Aurelio celebrante

Anche a livello ecclesiale non è stato mai valorizzato secondo le sue potenzialità, senz’altro anche per una sua certa scontrosità. A Castelleone di Suasa ha sempre curato pastoralmente la piccola zona che faceva riferimento alla chiesa rurale di S. Francesco, in territorio di S. Maria di Ostra Vetere, ma situata al confine tra quattro parrocchie: Castelleone di Suasa, Ostra Vetere, Barbara e Corinaldo. Si è sempre impegnato a realizzare l’artistico “Presepio”, per il quale disegnava ogni anno uno scenario nuovo, ambientato nel paese. Ha gestito egregiamente e con sacrificio per trent’anni il Cinema parrocchiale, svolgendo le mansioni di programmazione degli spettacoli, di trasporto e consegna delle pellicole, di bigliettaio e operatore di macchina... per limitare le spese.
A Roncitelli, Ripe, Arcevia e Castelleone disegnava gli scenari per le rappresentazioni teatrali.
Sotto il profilo pastorale, da giovane prete ha seguito i ragazzi e i giovani, fino alla fine degli anni ‘60, poi deve essere successo qualcosa per cui non ha più voluto saperne di apostolato attivo tra i ragazzi e i giovani ed anche tra gli adulti.
Non era un “predicatore”, nei primi anni di sacerdozio non predicava affatto, ma dagli anni ‘70 in poi, con la Liturgia rinnovata, che esigeva l’Omelia, scriveva le sue omelie e le leggeva, “riciclandole” (con minime variazioni) ogni tre anni.
Quello che diceva era molto preciso, anche se, ovviamente, distaccato dalla realtà dell’Assemblea.
Ha sempre esercitato con molta assiduità il ministero della Riconciliazione. Durante la mia permanenza a Castelleone non si intromise nelle decisioni, ma se gli chiedevo consiglio o parere, rispondeva sempre in modo laconico. 

Don Aurelio

Come insegnante di religione era molto esigente e trasmetteva con una certa efficacia quanto era contenuto nel testo. Aveva amore per gli animali: con il suo cane “Biagio” parlava e faceva lunghe passeggiate. Pianse quando lo investirono, gli diede sepoltura e piantò un albero sulla tomba.
Era innamorato della natura, tanto che, ogni giorno, faceva passeggiate quotidiane, anche superiori ai dieci km. La sua timidezza e riservatezza lo portarono a non curarsi, pur sapendo che la mamma e il fratello erano morti a causa del diabete. Non volle mai sottoporsi ad analisi cliniche, neanche dopo le ripetute richiesta della Sig.na Giulia Angeloni (sua domestica), del sottoscritto, di sacerdoti suoi amici e neanche del Vescovo, che io chimai con insistenza, considerato il costante deperimento.
Ma arrivò il momento in cui, per l’altissimo tasso di glicemia, dovette essere trasportato in ospedale. Con meraviglia si scoprì che non si era mai sottoposto ad analisi cliniche (io, con amarezza gli dicevo: “A 69 anni devi ancora fare il “primo tagliando”).
Quando si decise, o meglio, fu costretto, era troppo tardi: la retina era ormai irrimediabilmente compromessa (al punto da fargli perdere quasi totalmente la vista) ed i reni avevano perduto la loro funzionalità, tanto da doversi sottoporre a dialisi 3 volte alla settimana.
Certo suscitava grande impressione averlo conosciuto come un uomo forte, atletico, capace di divorare, senza batter ciglio, migliaia di chilometri e poi, dimagrito, curvo, rimpicciolito dal male.
Lui che aveva fatto tutto da solo, geloso della sua intimità, costretto a dipendere da tutti!
Non so se qualcuno potrà riuscire ad immaginare la sua intima sofferenza!
Il Signore, nel suo disegno di amore, ha permesso che don Aurtelio “attraversasse la grande sofferenza, prima di entrare nella gloria”.
Come in silenzio e con riservatezza ha trascorso la vita nel tempo della salute, con altrettanta estrema riservatezza e dignità, ha vissuto il tempo difficile e duro della malattia, intensificando la preghiera personale e ripetendo all’infinito: “Signore, non ne posso più. Portami con te!”.
Don Aurelio è passato lasciando poche parole ma molti "segni e tracce" che parlano di lui e che occorre scoprire. Dio sa vedere dove noi non vediamo, sa valutare e giudicare in modo divinamente saggio, giusto e amoroso!
Ecco perché ritengo che queste parole, anche se sincere, non possono “dire” completamente don Aurelio e la sua vicenda umana, cristiana e sacerdotale.

                                                                                                                                                                                           in fede
                                                                                                                                                 Don Umberto Gasparini sac

Mons Umberto Gasparini

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